Come sono nati i Piccoli Brividi?

Con oltre 200 libri pubblicati e milioni di copie vendute in più di 30 lingue, Piccoli Brividi di R. L. Stine è una delle serie per ragazzi più amate di sempre, capace di avvicinare i piccoli lettori al mondo dei libri, oltre che al genere horror.

Ma come è iniziato tutto? Scopriamo insieme i segreti più curiosi dietro al successo di un vero fenomeno, che per la gioia di tutti i fan (come noi) dura da oltre trent’anni!

E che continua con tre nuove avventure: Il mostro di slime, La casa del terrore. Creature infernali e La casa del terrore. Il libro più spaventoso di sempre.

 

Il primo di tanti Piccoli Brividi

Era il 1992, il 15 luglio per la precisione, e da quel momento la letteratura horror per ragazzi cambiò per sempre. R.L. Stine, allora un giovane autore appena uscito dall’Università, pubblicò per Scholastic US il primo volume della serie Goosebumps, in Italia conosciuta come Piccoli Brividi.

Si intitolava Welcome to Dead House (La casa della morte) e come per magia segnò l’inizio di un caso mondiale, destinato ad appassionare generazioni su generazioni di lettori. Ma urge un passo indietro.

Stine, in quel periodo, era già impegnato con la serie Fear Street – rivolta a un pubblico più adulto – e non fu d’accordo da subito di imbarcarsi in questa avventura. Non era per nulla convinto di rivolgere i suoi racconti ai più piccoli!

Erano i suoi editor ad aver notato un’opportunità in un settore poco esplorato: volevano lanciare una serie horror dedicata a bambini e preadolescenti, perché all’epoca le storie spaventose per ragazzi così giovani erano praticamente inesistenti.

Stine sembrava proprio essere la persona con l’inventiva giusta, ma soprattutto… la penna perfetta! Restava solo trovare il modo di convincerlo.

 

Come un nome ha salvato i Piccoli Brividi

Come sappiamo, R.L. Stine accettò la sfida, ma solo a una condizione: bisognava trovare un nome perfetto per la sua nuova serie. Un nome d’impatto, capace di folgorare lui e le lettrici e i lettori a cui si sarebbe rivolto.

La svolta, come tutte le più belle, arrivò in modo casuale. Una sera d’estate, mentre sfogliava una guida TV (vecchi giornali con su scritta tutta la programmazione televisiva del mese), notò la parola “goosebumps”, dal significato “pelle d’oca”.

Fu un colpo di fulmine, un segno del destino. R. L. Stine capì subito che Goosebumps sarebbe stato il titolo perfetto. Da quel momento, iniziò a scrivere libri su libri, aggiungendo un tassello dopo l’altro a quello che sarebbe diventato il suo foltissimo mondo dell’orrore.

In Italia, la serie Goosebumps è stata tradotta come Piccoli Brividi per adattarsi meglio al pubblico di ragazze e ragazzi che avevano bisogno di essere incuriositi da parole ugualmente evocative. Il titolo originale richiama la restituzione fisica di una sensazione di paura: un brivido.

Ma non un tremore incontrollato, qualcosa di più sottile, contenuto e insieme diffuso in tutto il corpo da un’inquietudine persistente. Piccoli Brividi, così, venne considerata la soluzione perfetta per tradurre il concetto che tanto aveva colpito Stein! E pare proprio aver portato fortuna.

 

Ma da dove nascono le idee di R.L. Stine per i Piccoli Brividi?

Una delle domande più frequenti che viene posta a Stine è: come fai a inventare così tante storie spaventose?

Ebbene, in una particolare intervista, l’autore ha deciso di dare una risposta d’effetto che riuscisse a placare la curiosità generale. Ha detto che, in tutta la sua produzione, usa solo sei trame diverse ma le varia un po’, sperando con tutto il cuore che nessuno se ne accorga!

La sua ironia nasconde una verità più profonda: il punto di forza di tutta quanta la serie. Il talento di Stine è proprio quello di reinventare situazioni comuni, di attingere dall’ordinario rendendolo straordinario. E spaventoso!

Nei Piccoli Brividi la paura deriva dall’inquietudine delle cose comuni: una casa abbandonata, una babysitter sospetta o uno strano fantoccio da ventriloquo pronto per lo spettacolo della scuola, assecondano i timori più reconditi dei lettori, prendendo vita e dando loro la caccia.

Certo, finché non si chiude il libro. Perché svoltando l’ultima pagina sappiamo sempre di poter tirare un grande sospiro di sollievo. Di essere tutti sani e salvi. Forse…

 

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